Il modello ad orientamento psicodinamico-analitico
Le teorie psicodinamiche sull’ eziologia del cancro sono numerose e non univoche; ciò rende difficile una presentazione organica del materiale esistente in questo campo. Tuttavia, a scopo puramente descrittivo, è possibile suddividere i vari contributi in tre grandi aree.
Cancro come simbolo
La prima tende a spiegare il cancro in termini di dinamiche inconsce, attribuendo ad esso un significato simbolico. Agli autori che si rifanno a tale visione il processo canceroso appare come il sintomo di un conflitto intrapsichico non risolto, assumendo quindi lo stesso valore di un qualsiasi altro sintomo nevrotico.( Groddeck, 1966; Reich, 1976; Chiozza, 1976, 1978, 1979; Fornari, 1985 )
Questi autori estendono o riformulano, anche se con notevole eterogeneità, il concetto freudiano di conversione supponendo che anche nel cancro vi sia una trasformazione di energia psichica in qualcosa di somatico interpretando, cioè, la malattia neoplastica come espressione di un conflitto intrapsichico, come qualcosa di simbolico; la persona affetta dal cancro viene considerata mero ospite passivo il cui corpo è il campo di battaglia tra tendenze in conflitto.
La teoria della perdita-depressione
Altri autori, soprattutto di matrice anglosassone, pongono la loro attenzione su un obbiettivo più globale, nell’ intento di comprendere il cancro non solo in termini di significato simbolico, ma di ricercarne la genesi in precise caratteristiche, psicologiche, del soggetto, considerato elemento attivo e partecipe in prima persona nella formazione del processo neoplastico.( Evans, 1926; Meerloo 1954; LeShan, 1956; Greene, 1966; Schmale e Iker, 1964,1966; Thomas et al, 1974; Spence, 1979; ).
L’analisi ( in termini dinamici del cancro) delle relazioni oggettuali e le peculiari modalità di reazione alla loro rottura, saranno riprese da vari autori e costituiranno il nucleo centrale della teoria della perdita-depressione. Tale teoria vede nella perdita di un legame oggettuale significativo la matrice del processo neoplastico. La perdita porterebbe questi soggetti a sviluppare sentimenti di depressione, impotenza e disperazione, concorrendo, in una visione multicausale e plurifattoriale, all’ insorgenza della neoplasia.
Tra tutte, l’ ipotesi di LeShan (1966), è quella più elaborata; Tale ipotesi prevede uno sviluppo in tre fasi della personalità del soggetto canceroso. 1°)un infanzia ed un adolescenza caratterizzata da sentimenti di isolamento e di disperazione conseguenti alla percezione della pericolosità di rapporti interpersonali profondi. 2°) lo stabilirsi di una relazione o di un ruolo che consente alla persona di sentirsi accettata dagli altri e di dare un senso alla vita. 3°) la perdita di tale oggetto significativo, il ritorno a sentimenti di inutilità e di disperazione, con lo sviluppo e comparsa clinica, dopo un periodo variabile da pochi mesi a qualche anno, della malattia neoplastica. LeShan sulla base di varie ricerche e dopo avere lavorato clinicamente con oltre 500 pazienti trae quattro conclusioni:
La ipotesi e le ricerche di LeShan hanno costituito la base di partenza per numerose altre ricerche portate avanti in anni recenti da altri gruppi di ricercatori .
La teoria delle difese dell’ Io
La terza area di ricerca si configura come un’ estensione della ipotesi della perdita-depressione. Alcuni autori (Kissen, 1963, 1964, 1965; Kissen & Brown, 1969; Henderson 1966; Dattore, 1980.), nel tentativo di superare la genericità della suddetta ipotesi, e cioè spiegare perché una perdita dovrebbe essere più traumatica per alcuni individui rispetto ad altri, estendono tale ipotesi investigando la “qualità” delle risposte emotive dei soggetti che vivono esperienze di perdita.
Ritenendo l’ ipotesi della perdita-depressione come valida ma puramente descrittiva e non esplicativa tali autori pongono l’accento sul particolare uso delle Difese dell’ Io. L’ uso massiccio di meccanismi difensivi quali la rimozione e la negazione sarebbe caratteristico dei soggetti, neoplastici e in generale del paziente psicosomatico, mentre la proiezione e lo spostamento sarebbero peculiari dei soggetti con disturbi psichici.
Ma si deve al gruppo di ricerca condotto da Bahnson una delle più elaborate ipotesi sul cancro e più in generale sulle malattie psicosomatiche. La posizione teorica di Bahnson è riconducibile a quella degli psicologi dell’ Io quali Anna Freud, Kriss e Hartmann. Il tentativo compiuto da Bahnson è orientato ad espandere la teoria psicoanalitica per includervi oltre ai disturbi psichici anche le reazioni psicofisiologiche. Bahnson e il suo gruppo di ricerca (Bahnson & Bahnson, 1966) par-tono dal presupposto della “complementarità della regressione”. Un aspetto della complementarità psicofisiologica è la similarità con-cettuale tra manifestazioni di regressione comportamentale e fisiolo-gica sotto stress. Mentre la regressione psicologico-comportamentale risulta nell’ eliminazione della differenziazione sé/oggetto e facilita la proiezione quale difesa dell’ Io, nella regressione fisiologica la barriera sé/oggetto è mantenuta e il comportamento resta socialmente ben adattato, lasciando il medium fisiologico quale unica arena per l’espressione arcaica di potenziali di condotta guidati in modo chiuso da simboli, a più livelli, di parti e funzioni corporee. Quando ciò si verifica, quella parte delle funzioni dell’Io correlata alla percezione ed al controllo dell’ ambiente sociale rimane intatta, mentre quella connessa al mantenimento dei processi psicobiologici interni si sgretola e regredisce
L’ipotesi di base è che l’ organismo psicobiologico disponga di due canali principali di scarica degli impulsi, bisogni o tensioni che si gene-rano continuante al suo interno. Una via è quella di agire sull’ am-biente, per mezzo sia della fantasia che della realtà; l’altra consiste nel dissociare la rappresentazione della pulsione dal pensiero, senti-mento conscio, e dall’ azione, scaricandola nel medium biologico senza coinvolgere livelli filogenetici più recenti di espressione interperso-nale. L’ ipotesi formulata specifica che la scelta di regressione comportamentale o somatica è associata con il tipo di difesa dell’Io utilizzata dal soggetto. L’ uso di difese quali la proiezione e lo spostamento, coinvolgenti uno scarico interpersonale, predispongono alla regressione psicologica sotto stress, mentre difese quali rimozione e la negazione, servendo a mantenere un efficace adattamento esterno, risultano in scarica somatica interna con conseguente regressione