Tecniche specifiche in oncologia

La Terapia Psicologica di Moorey e Greer

Una delle più recenti applicazioni del modello cognitivo è la terapia psicologica adiuvante (Adjuvant Psychological Therapy, APT), messa a punto da Greer e Moorey in Gran Bretagna al Royal Marsden Hospital di Sutton. Viene definita adiuvante proprio perché può essere somministrata in concomitanza e come completamento del trattamento medico.

Basata sulla terapia cognitiva di Beck, l'APT è una terapia breve, indicata nei distubi dell'adattamento, focalizzata su problemi specifici e mirata a due principali obbiettivi:

1.ridurre ansia e depressione;

2.migliorare l'adattamento mentale al cancro inducendo un positivo spirito combattivo (fighting spirit).

In uno studio prospettivo a 15 anni gli autori hanno infatti osservato che pazienti con strategie cognitive e comportamentali più flessibili e differenziate, con una modalità più attiva e positiva di affrontare la dignosi, hanno minore rischio di complicanze psicopatologiche e miglior decorso clinico di malattia.

Un ciclo di terapia consiste in 6-12 sedute a cadenza settimanale di 50 minuti ognuna. generalmente il setting è individuale, ma può essere previsto anche un intervento sulla coppia al fine di migliorare la comunicazione tra i partner.È possibile ad esempio, osservare in alcune coppie una tendenza a “leggere nel pensiero” dell’altro, ad interpretare i comportamenti in modo distorto e pessimistico ed a trarre conclusioni negative senza discuterle e verificarle con l'interessato. Pensieri e sentimenti inespressi possono complicare il rapporto coniugale, che da potenziale sistema di supporto per il paziente si trasforma in elemento che acuisce la sofferenza e il disagio psichico della malattia. A volte l'intervento di un "terzo" esperto, estraneo alla coppia, come il terapeuta, può aiutare i partner ad esprimere pensieri e sentimenti, anche i più indicibili, in modo da correggere fraintendimenti e sciogliere nodi conflittuali. Il lavoro con la coppia nella APT si differenzia dalle comuni psicoterapie dellacoppia per il fatto che l'obbiettivo primario è sempre il paziente, non il disturbo della relazione tra paziente e coniuge nei casi in cui il problema cancro sia di secondaria importanza. Se la conflittualità di coppia dura da tempo ed è precedente alla malattia, è preferibile vedere il paziente da solo o consigliare una tradizionale terapia di coppia.

L'APT è molto efficace nel trattamento dei disturbi dell'adattamento con ansia e depressione ed è indicata per la fase iniziale di malattia e per pazienti con diagnosi recente di recidiva. Gli autori ne suggeriscono una versione meno strutturata, o meglio alcune tecniche specifiche, per fasi più avanzate del decorso clinico. In una forma abbreviata costituisce un utile e preciso modello di intervento nella psichiatria e psicologia di consulenza.

La terapia Training Cognitivo di Weisman

Weisman, dal 1978 al 1988, ha diretto presso il Massachusetts Generale Hospital di Boston un avasto progetto clinico e di ricerca in psicologia oncologica definito "Progetto Omega". L'intervento del Gruppo Omega privilegia la prevenzione delle possibili complicanze psicologiche nel decorso della malattia. L'obbiettivo è infatti identificare in anticipo tra i pazienti a diagnosi recente di neoplasia quelli ad "alto rischio" di sofferenza emozionale ed offrire loro un aiuto prima che sviluppino disturbi psicopatologici. Un'indagine longitudinale precedente aveva evidenziato, nei pazienti ad alto rischio specifici deficit di coping. Tali pazienti non mostravano in generale un maggior numero di problemi rispetto agli altri, ma modalità comportamentali inadeguate di affrontarli (repressione, passività e stoica sottomissione) ed un'incapacità a produrre una serie alternativa di strategie di adattamento. I pazienti a "basso rischio" disponevano invece di uno stile di coping flessibile e differenziato, caratterizzato da modalità di confronto, capacità di ridefinizione dei problemi e maggiore capacità di complicance con l'autorità.

Gli interventi, costruiti sulla base di tali indicazioni, utilizzano in particolare la tecnica del problem solving.

Ipnositerapia e rilassamento

Uno dei settori in cui viene maggiormente impiegata l'ipnositerapia è quello della gestione del dolore. In questo ambito l'attenzione non è tanto rivolta agli aspetti di personalità del malato di cancro, quanto alle capacità dell'individuo stesso di utilizzare il proprio corpo per impedire agli stimoli dolorifici di raggiungere la soglia della consapevolezza.

Un autore che si è particolarmente occupato di questo aspetto è Sacerdote (1966, 1967). Condividendo con Sherrington la definizione di dolore come riflesso difensivo e come salvaguardia dell'organismo, l'autore sostiene che il malato può essere in grado di superare la soglia del dolore attraverso l'intervento terapeutico. L'approccio di Sacerdote si fonda, oltre sulla consapevolezza delle persone di poter agire ed intervenire sul proprio corpo, sui seguenti assunti:

1)percezione selettiva: si percepisce ciò che ci si aspetta di percepire;

2)reinterpretazione dei segnali: gli stimoli solitamente codificati come "dolore" possono essere interpretati come qualcosa di differente dal dolore;

3)dissociazione corporea parziale o totale. Nel primo caso la parte del corpo che provoca dolore deve cessare gradualmente di far parte della persona; nella dissociazione corporea totale, invece, il paziente viene portato a vivere una sorta di esperienza allucinatoria che gli consente di abbandonare il proprio corpo malato. Secondo Sacerdote, le tecniche allucinatorie da lui suggerite possono fornire all'individuo la possibilità di staccarsi dall'ambiente e dal corpo reali e di incalanarsi verso nuove esperienze, come potrebbero essere la regressione o la progressione temporale, ossia l'opportunità di immaginare e visualizzare se stesso in particolare momenti antecedenti o successivi all'insorgenza della malatia neoplastica;

4)amnesia parziale o totale nell'elaborazione dell'informazione-dolore: partendo dall'assunto che il ricordo è fondamentale per definire particolari percezioni come il dolore, Sacerdote suggerisce di creare una sorta di amnesia per quanto riguarda l'associazione stimolo-risposta di tipo dolorifico;

5)distorsione temporale: il tempo può essere orientato verso il passato o verso il futuro con la finalità, in questo specifico caso, di elaborare nuovi significati del concetto di morte.

Una ulteriore strategia si basa sull'induzione ipnotica dei sogni nei quali il soggetto giunge a proiettare le sue ansie e le sue paure.

Noyes (1981), un altro autore che si occupa della gestione del dolore, suggerisce di affiancare ai trattamenti farmacologici interventi psicologici basati su terapie di sostegno, di rilassamento e sull'ipnosi. L'autore si sofferma sui connotati psicologici del dolore, evidenziandone l'aspetto comunicativo e relazionale. Noyes, inoltre, analizza l'ansia e la depressione correlate all'espressione del dolore; a questo proposito, suggerisce interventi psicoterapeutici focalizzati sull'esperienza critica che il paziente sta vivendo, tecniche di rilassamento utili a ridurre l'ansia e ad aumentare la sensazione di attiva partecipazione al trattamento, e tecniche ipnotiche particolarmente orientate al controllo del dolore. Noyes ricorda, inoltre, i lavori di Butler (1954), di Lee, Ware e Monroe (1960) e di Cangello (1961), dai quali emerge una stretta corelazione tra profondità dell'ipnosi e possibilità di diminuzione delle sensazioni dolorifiche. Tutti questi lavori, comunque, come ricorda anche Finer (1979), vanno presi con una certa cautela:infatti per la maggior parte di essi manca la possibilità di verificare, sulla base di studi controllati, la reale efficacia dell'intervento ipnotico nella riduzione del dolore.

Hilgard e LeBaron (1987) si occupano dell'ipnosi applicata a bambini affetti da cancro e sottoposti al trapianto di midollo. Questo tipo di intervento mostra, secondo gli autori, una certa utilità nell'alleviare l'ansia e il dolore relativi all'intervento specifico e alla malattia in generale. La tenica ipnotica viene inoltre applicata a pazienti in fase terminale. Hilgard e LeBaron sostengono, infatti, che l'ipnosi può essere impiegata per favorire l'elaborazione di immagini mentali che consentano di affrontare in modo positivo l'esperienza della morte.

In ambito italiano Granone (1985) si è interessato all'applicazione dell'ipnosi al cancro, suggerendo diverse possibili utilizzazioni di questa tecnica. L'ipnosi può essere impiegata in ambiti che variano dalla riduzione del dolore sino ad arrivare all'intervento sul sistema endocrinologico, direttamente coinvolto nel processo neoplastico. Granone mette a punto una strategia che parte dall'indagine della personalità istintivo-affettiva dei pazienti. L'obbiettivo, in questa fase, è quello di modificare i "set patologici che sottostanno ad alcuni comportamenti distruttivi degli ammalati cronici". In questo modo, l'autore propone una lettura globale della neoplasia che non tralascia la rilevanza dei fattori psicologici, come sembra invece avvenire in molti interventi ipnositerapeutici che paiono essere orientati quasi esclusivamente al sintomo.

Un intervento simile a quello suggerito da Granone è stato effettuato da Goldberg (1985a). Questo autore ipotizza che l'intervento ipnotico può ridurre la sensazione di stress e, quindi, agire direttamente sugli effetti immunodepressivi dei corticosteroidi adrenalinici. In una seconda ricerca Goldberg (1985b) sottolinea come le tecniche di visualizzazione ipnotiche, già adottate dai Simonton, riescano a determinare il miglioramento della funzione del sistema immunitario.

Il Metodo Simonton

Carl Simonton, un radio-oncologo, e Stephanie Matthews-Simonton, una psicologa, hanno elaborato un metodo psicoterapeutico per modificare il decorso del cancro in pazienti con neoplasie incurabili (Simonton & Simonton, 1976; Simonton, Matthews-Simonton & Creighton, 1981). Il metodo nasce in seguito ad una osservazione di Carl Simonton il quale constatò l'esistenza di due categorie di pazienti incurabili: mentre alcuni si sentono condannati ed impotenti nei confronti della loro malattia, altri partecipano attivamente alla guarigione. La differenza fondamentale tra questi due gruppi di pazienti, secondo l'autore, è determinata dalla convinzione di poter influenzare il decorso della malattia, tipica di coloro che ottengono un miglioramento evidente. Generalmente questi soggetti vivono più a lungo di quanto i medici si aspettino e, in ogni caso, modificano la qualità della loro vita. Dopo tre anni di esperienza gli autori hanno riscontrato una sopravvivenza media di 24,4 mesi nei pazienti incurabili trattati con il loro metodo e con le terapie mediche, rispetto ai 12 mesi di sopravvivenza media citati dalle statistiche nazionali.

Il metodo si basa quindi sul tentativo di trasformare l'atteggiamento passivo ed il senso di impotenza e depressione manifestato dalla maggior parte degli individui affetti da neoplasia, aiutando il malato a proporsi nuovi obbiettivi e progetti per il futuro.

Gli autori sottolineano l'importanza della mente e delle emozioni per la suscettibilità alla malattia ed elaborano un modello mente-corpo per lo sviluppo del cancro basandosi sulla letteratura psicoanalitica esistente. In questo modello assumono ampio rilievo le reazioni di depressione, impotenza e disperazione ad eventi o situazioni che l'individuo giudica stressanti. Infatti queste reazioni, seguendo un circuito limbico e ipotalamico, influiscono sul sistema immunitario inibendolo e, attraverso la ghiandola pituitaria, agiscono sul sistema endocrino provocando un aumento di suscettibilità alle sostanze cancerogene.

Tutte le tecniche elaborate dai Simonton hanno la finalità di inseguare ai pazienti l'assunzione di un atteggiamento attivo verso la malattia che influenzi il decorso della neoplasia. Il cambiamento delle aspettative dei pazienti e la trasformazione dei sentimenti di disperazione e di impotenza in sentimenti di speranza e di anticipazione della guarigione, sono i fattori che per i Simonton possono indurre l'inversione del diclo che ha portato alla malattia.

In questa ottica le seguenti tecniche assumono un preciso significato:

1)identificazione degli stress: il primo passo del metodo. Consiste nell'isolare gli stress esperiti da 6 a 18 mesi prima della proliferazione tumorale, per far comprendere al paziente il ruolo che ha ricoperto nell'insorgenza della malattia e aiutarlo a modificare le convinzione che lo hanno portato a percepire determinati eventi come negativi;

2)esame dei vantaggi della malattia. Spesso la malattia è l'unica modalità che un individuo è in grado di utilizzare per risolvere o evitare un problema. È quindi importante che il paziente isoli i bisogni che sta soddisfacendo mediante il cancro e individui le convinzioni che gli impediscono di soddisfare tali bisogni, per poi trovare modalità alternative di gratificazione;

3)rilassamento e visualizzazione di immagini mentali. Il rilassamento e la visualizzazione dell'interazione tra cancro, difese immunitarie e chemioterapia rappresenta una fase fondamentale del metodo Simonton. Questo processo viene portato avanti mediante alcuni criteri formulati dagli autori i quali suggeriscono, inoltre, alcune regole per valutare il contenuto delle visualizzazioni;

4)immagini mentali positive. È necessario che le convinsioni espresse tramite le visualizzazioni siano valutate. La verifica delle immagini mentali del paziente viene effettuata facendogli disegnare l'interazione tra cancro, difese e chemioterapia che ha simbolizzato mentalmente. il Disegno documenta le aspettative del paziente, che verranno poi esaminate dallo psicoterapeuta;

5)superamento del risentimento. Basandosi sulla considerazione secondo la quale lo stress nei malati di cancro è spesso l'effetto della difficoltà di esprimere sentimenti come la rabbia o il risentimento, i Simonton inseriscono nel loro programma terapeutico alcune tecniche di immaginazione mentale, specifiche per eliminare tali sentimenti negativi;

6)pianificazione delle mete. La programmazione delle mete è un altro momento importante del metodo. Un tratto comune ai pazienti che rispondono bene alla terapia medica è rappresentato dalla convinzione di avere buone ragioni per continuare a vivere. La formulazione di progetti di vita presenta diversi vantaggi: a) è un modo molto concreto che l'individuo ha a disposizione per affermare la sua volontà di continuare a vivere; b) contribuisce a far abbandonare gli atteggiamenti di impotenza e depressione che sono il primo passo verso la malattia; c) aiuta a creare un'immagine positiva di se stessi e a rendere la vita significativa;

7)scoperta del consigliere interiore. Questo processo è una forma di immaginazione mentale. Tramite la visualizzazione del consigliere interiore, l'individuo ha la possibilità di entrare in contatto con risorse psichiche normalmente inaccessibili;

8)modalità per fronteggiare il dolore. Il dolore rappresenta un aspetto costante nel decorso di ogni malato di cancro. Oltre a sottolineare le componenti emotive del dolore, gli autori evidenziano i vantaggi derivanti dalla sofferenza fisica raccomandando ai malati di esaminarli per modificare le aspettative alla base del dolore. Inoltre gli stessi autori suggeriscono alcune tecniche di rilassamento e visualizzazione studiate per far fronte ai dolori più persistenti;

9)esercizio fisico. Rappresenta un aspetto ulteriore del programma ed ha la finalità di aiutare il paziente a modificare le proprie convinzioni, a sentirsi maggiormente responsabile, autodeterminato, e in grado di incidere attivamente sulla propria esistenza;

10)paura delle ricadute. I Simonton utilizzano una strategia per aiutare i pazienti ad affrontare eventuali ricadute, considerate come messaggi del corpo piuttosto che come fallimenti. È quindi molto utile che il paziente e il terapeuta esaminino le implicazioni di tale messaggio cercando di coglierne il senso. A tale scopo gli autori suggeriscono di consultare il consigliere interiore o di analizzare il periodo precedente alla ricaduta, riformulando, se necessario, il programma terapeutico.

La Terapia di LeShan

LeShan iniziò a lavorare in campo oncologico nel 1947 applicando il metodo tradizionale freudiano ben presto si accorse che la psicoterapia si accordava male alle esigenze dei suoi pazienti si trattava infatti di persone che vivono una situazione di dolore fisico reale e difficilmente riconducibile a una simbolizzazione, preoccupati per il loro futuro e per quello dei loro familiari. Che dovevano prendere delle decisioni importanti sulle alternative di trattamento fondamentali per la loro sopravvivenza o che riguardavano la loro futura morte, ed anche questo non si accordava alla tecnica psicoanalitica classica che si basa su un processo regressivo che richiede un tempo molto lungo che passa attraverso una fase di destrutturazione delle difese in cui il soggetto viene a trovarsi senza abilità specifiche per affrontare tali problematiche. Nella psicoanalisi classica infatti tutti gli eventi importanti vengono sospesi se possibile oppure contrattati nell’ ambito delle sedute terapeutiche. Inoltre LeShan non riteneva che le reazioni e le motivazioni positive, come il coraggio o la dedizione per il partner, potessero essere analizzate come formazioni reattive o spostamento edipico ma che piuttosto infondevano in lui un profondo rispetto ed un sentimento di orgoglio per appartenere al genere umano.

Forte di questa sua esperienza mise a punto una psicoterapia ad orientamento analitico il cui principale obbiettivo è quello di aiutare i pazienti a realizzare una vita che sia la più soddisfacente possibile che fornisca loro una solida ragione di essere e che possa colorare emozionalmente il tempo che gli rimane da vivere .

Metteva cosi in secondo piano la psicopatologia che viene analizzata solo se diventa capace di bloccare l’espressione dei bisogni e lo sviluppo delle potenzialità rivitalizzanti dei pazienti.

Il setting psicoterapeutico classico della terapia analitica viene modificato: e il paziente che stabilisce insieme al terapeuta l’orario e la cadenza delle sedute si cerca cosi di creare nel soggetto una sensazione di controllo sulla propria vita che è l’elemento centrale di questo approccio per molti pazienti questo può significare una completa ristrutturazione del proprio modo di relazionarsi con gli altri e della propria filosofia di vita. Compaiono cosi le resistenze psicologiche le motivazioni inconsce che si oppongono a questo nuovo progetto esistenziale e qui che lo psicoterapeuta interviene con il metodo psicoanalitico classico analizzando i significati d tali modalità che il soggetto mette in atto. In questo approccio c’è una particolare enfasi sui momenti migliori e peggiori della vita con delle domande che il terapeuta fa nel tentativo di esplorare tali momenti fondamentali dell’esistenza del paziente cercando di comprendere le relazioni con la sua personalità

saranno quindi domande del tipo « quando ha provato una forte gioia in passato, quali ritiene essere stati gli avvenimenti importanti della sua vita pensa di aver perso qualcosa e quando quale la sua occasione mancata il suo sogno etc etc » che esploreranno queste dimensioni e che serviranno al terapeuta per rispondere a delle altre domande che pero ora e lui a porsi «cosa e meglio per questa persona, come vuole veramente vivere, come vorrebbe adattare il mondo a se e non se al mondo». Tutto questo perché il terapeuta possa fare giungere al paziente il messaggio « non ti preoccupare di cosa il mondo voglia da te, preoccupati di cosa tu vuoi dal mondo».

Meaningful Life Therapy

Questa particolare forma di terapia è stata messa a punto da Jinro Itami un Medico dell' ospedale di Shibata in Giappone. (Reynolds, 1990). È lui che unendo insieme delle differenti tecniche psicologiche prese da differenti contesti e culture ha ottenuto un metodo ausiliario per il trattamento del cancro con profondi effetti sulla vita dei pazienti cancerosi.

La teoria si rifà esplicitamente alla Morita Therapy per questa teoria i sentimenti sono considerati un fenomeno naturale, che sono guidati nella loro espressione dal carattere individuale del soggetto, dalla sua storia personale, e dalle circostanze che li elicitano.

La paura della morte e l'ansia che ne deriva e che sono cosi presenti nei malati neoplastici non solo sono aspetti normali per la MLT ma anzi debbono essere considerati nella loro valenza benefica; La morte infatti ci spinge con forza a guardare la vita.

Con la capacita di guardare la morte, noi possiamo prendere provvedimenti per la nostra salvaguardia, possiamo usare il nostro tempo nel miglior modo possibile, possiamo trovare la forza di abbandonare abitudini dannose per la nostra salute, tutto ciò spinti dalla paura di morire.

Dunque gli sforzi per eliminare la paura associata alla diagnosi di cancro, per esempio, sono senza senso e quindi inutili. La paura di morire è inconfortabile è vero, ma è anche naturale e benefica.

Secondo la MLT il problema dei pazienti neoplastici non giace nel terrore che il cancro provoca negli stessi, ma nell' ossessione di questa paura che immobilizza i pazienti non facendoli vivere a pieno la vita che gli rimane, finché la morte non sopraggiunga. La paura ossessiva del cancro e della morte sono considerati una specie di reazione nevrotica alle circostanze della malattia.

Secondo questa teoria in una certa misura tutti soffriamo delle nostre ossessioni, delle nostre preoccupazioni, ma alcune persone sembra che accusino peggio di altre le circostanze sfavorevoli. Queste persone sembrano avere forti bisogni sia fisici che sociali, sono spesso introverse, dipendenti, con una tendenza maggiore a preoccuparsi e una certa persistenza delle ossessioni.

Tutti questi tratti possono rivelarsi utili in alcune occasioni ma diventano nocive se non permettono all' individuo colpito dalla malattia di avere un atteggiamento il più possibile costruttivo tenendo conto dei limiti genuini imposti dalla malattia.

La terapia non e interessata ad eliminare le paure ma solamente tutti quegli aspetti negativi che essa può causare in queste persone.

La speranza risiede nel controllo del nostro comportamento e nella possibilità che abbiamo di cambiarlo; A dispetto delle nostre paure, dei nostri tratti di personalità, spetta a noi prenderci la responsabilità di che cosa vogliamo fare del tempo che ci rimane da vivere.

La MLT fa notare come non è necessario che un individuo trovi uno scopo nella vita per poi agire, ma piuttosto come si debba agire per poter crearsi uno scopo che dia senso alla vita stessa.

I principi base della MLT sono

1)Prendersi la maggior parte della responsabilità

2)Vivere una vita con degli obbiettivi giornalieri da rispettare

3)Essere di aiuto per gli altri

4)Imparare a cavarsela con l' ansia legata alla paura della morte e della malattia

5)Convivere con la morte in modo naturale e costruttivo accettando il principio che inevitabilmente ognuno di noi muore

6)Evitare di essere una persona spiacevole oltre che malata

7)Vivere la vita rimanente positivamente, intatta dalla malattia

Il paziente neoplastico si muove quindi da 1) la propria sofferenza 2) al il riconoscimento che altri soffrono e combattono come lui il cancro 3) all' accettazione della realtà della malattia e del bisogno di combatterla 4) alla capacita di vivere pienamente e profondamente con i limiti reali imposti dalla malattia.

Seguendo questo percorso ed aderendo ai principi base il paziente nel tempo comincerà a notare come i suoi sforzi non solo modificano l'esperienza personale che lui ha della malattia ma anche come ciò abbia un forte impatto nell' ambiente sociale, medico, e delle scienze umane.

I pazienti quindi mentre si sforzano per prolungare ed incrementare la qualità della loro vita, danno anche un grande contributo agli altri che li circondano ed entrano in contatto con loro.

Mentre gli ultimi giorni si avvicinano il senso della vita tende sempre più ad aumentare. Ogni giorno nuovamente essi incontrano il tema dell' accettazione della realtà, che però non si deve confondere con la passività, si deve accettare il cancro e combatterlo, vedere i limiti che la malattia impone e forzarli per quanto possibile.

L'orientamento che la MLT ha verso la morte si può sintetizzare in quattro punti

1)Bisogna accettare l'inevitabilità della morte

2)E impossibile eliminare la naturale paura che la possibilità di morire fa venire, ma possiamo vivere con essa

3)Dietro la paura della morte si nasconde un forte desiderio di vivere, una vita completa e soddisfacente

4)La paura non deve fare in modo che la vita divenga senza senso, Si può vivere ogni giorno cercando di fare bene tutto ciò che si pensa possa essere fatto.